La Sabina Romana: Tiberina e Riserva Tevere Farfa

FIANO ROMANO  - CAPENA – NAZZANO – TORRITA TIBERINA – FILACCIANO – PONZANO

Focus: RISERVA NATURALE TEVERE FARFA – LUCUS FERONIAE - VILLA DEI VOLUSII

 

FIANO ROMANO

Già in età imperiale Fiano fu importante per il suo porto fluviale, i cui resti sono pervenuti fino a noi lungo la riva del Tevere. Si accede al Borgo attraverso Porta Capena, rinascimentale, un tempo dotata di ponte levatoio, incastonata tra le possenti mura del Castello e le due Torri, una quadrangolare e l'altra circolare alta trenta metri.

Da vedere: Castello Orsini, con l'elegante cortile e con le sue splendide stanze; S. Stefano Nuovo e il borgo; Santa Maria Trans Pontem.

 

CAPENA

Leprignano fino al 1933, Capena sorge su colline di ulivi e vigne e si affaccia sulla vallata del Tevere e sui monti della Sabina. Sul versante opposto, il paesaggio si fa più aspro: infatti, la parte più antica del paese è arroccata su una roccia di tufo e si sporge su di un dirupo che degrada a valle fra i castagni e le acacie.

Da vedere: la Chiesa di S. Leone; S. Antonio Abate, in pieno centro; la Rocca, con il Palazzo dei Monaci e la suggestiva Torre dell'Orologio.

NAZZANO

Si parla di origini addirittura  risalenti all'età del bronzo, mentre, grazie al porto e al guado sul Tevere, le genti di Nazzano furono importanti per i traffici commerciali con la Sabina e con Roma.

Oggi  Nazzano  è uno degli accessi alla splendida  RISERVA NATURALE TEVERE-FARFA.

Da vedere: il Museo del Fiume nel centro storico; il Castello, di proprietà privata; la Chiesa di S. Maria Consolatrice e, fuori dall'abitato, la Chiesa di S. Antimo,  del X sec.; il Convento e la Chiesa di S. Francesco, immersi in un bosco secolare di querce e lecci.

 

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Accesso da Nazzano -->  RISERVA NATURALE OASI TEVERE FARFA

Nella media valle del Tevere, tra il ponte di Montorso e la diga di Meana, in corrispondenza della confluenza del torrente Farfa, si estende su un'area di 700 ettari una tra le più interessanti zone umide del Lazio, la Riserva Naturale Regionale Tevere Farfa. La riserva si colloca per le sue caratteristiche tra le "zone umide di interesse internazionale" indicate dalla Convenzione Internazionale di Ramsar del mese di febbraio del 1971.

Questa area protetta è stata istituita nel 1977 ed è gestita da un consorzio che comprende i comuni di Nazzano e Torrita Tiberina. Le particolarità dell'ambiente sono legate al bacino lacustre creato dallo sbarramento artificiale del corso del Tevere, cioè alla realizzazione di una diga progettata dall'ENEL per alimentare i generatori di una piccola centrale idroelettrica.L'area di maggiore impaludamento, il cui cuore corrisponde alla confluenza del Farfa nel corso del Tevere, ed i terreni circostanti costituiscono il territorio della riserva e la situazione ambientale è fortemente caratterizzata dalla presenza di ampi specchi d'acqua a lento corso o stagnante.

Il percorso:  Molti sono i percorsi di visita possibili all'interno del territorio della Riserva. Tra questi, forse, scegliere di seguire passo passo la riva del fiume può costituire un utile approccio al territorio della Riserva e del  Parco Didattico, così profondamente caratterizzati dalla presenza del "biondo Tevere". Lasciando il paese di Nazzano e dirigendosi verso il fiume, si attraversano campi coltivati e zone tradizionalmente utilizzate come oliveti. Dopo poco meno di un chilometro di discesa si raggiunge il corso del Tevere nella zona di Porto, dove un traghetto congiungeva un tempo le due sponde del fiume. Non lontano, sulla sinistra, sono a disposizione due capanni realizzati per permettere l'osservazione della fauna caratteristica della riserva che comprende martin pescatori, germani reali, folaghe e marzaiole.

Sulla destra rispetto al Porto, invece, un camminamento rialzato permette di traversare una zona paludosa che costeggia il fiume, tra acquitrini, canneti e piccoli boschetti di salici. E' in questo tratto che si può avere un'idea precisa dell'ambiente palustre e ripariale che caratterizza la Riserva e della sua popolazione caratteristica. Proseguendo ancora, si incontrano altri due osservatori (uno di questi è stato realizzato nei ruderi di una vecchia fornace), situati davanti ad un'ampio specchio di acque basse e paludose, e la zona è ottima per avvistare aironi e garzette. Più in avanti, sempre lungo il fiume, si iniza ad intravedere la confluenza del fiume Farfa nel corso del Tevere, con a fianco al percorso sempre ottime possibilità di avvistare, nell'acqua bassa, esemplari dell'avifauna presenti nell' ansa del Tevere. L'itinerario continua raggiungendo una strada sterrata che prosegue lungo l'argine del fiume. A destra della strada il versante diviene ripido e coperto da un fitto bosco e si raggiunge un nuovo punto di avvistamento: una torretta in legno a due piani dalla quale si domina l'intera ansa del Tevere.

Ancora qualche minuto di cammino conduce finalmente al termine della strada, nei pressi di una cava di ghiaia, non lontano dalla diga sul Tevere, che ha dato vita alla zona umida della riserva, oramai a poca distanza dal tracciato della Via Tiberina, che può essere seguita per il ritorno verso il punto di partenza. Altra via di ritorno è quella che percorre all'indietro la strada sterrata, che al suo termine conduce al parcheggio della riserva.

Percorrere questo itinerario richiede tra le due e le tre ore (considerando tutte le soste necessarie alle osservazioni naturalistiche) ed il percorso è privo di difficoltà. Utili senz'altro delle scarpe pesanti ed un binocolo, necessario per l'osservazione delle specie animali che si incontreranno lungo il percorso.

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TORRITA TIBERINA

 

Turritula, il cui nome appare per la prima volta nel 747, lega la propria storia a quella dei Benedettini prima e dei Savelli poi, ed è probabilmente sotto la loro signoria che viene realizzato il castello, il cui primo nucleo risale al XII secolo.

Da vedere: il Castello Baronale; la Chiesa di S. Tommaso Apostolo, del XII secolo, con le sue pregevoli tele; la Chiesa dell'Assunta; i resti di una villa romana in località Celli; i ruderi di un antico muro in località Bardacchini.

 

FILACCIANO

Di origine romana, prende il nome dal proprietario di un fondo, un certo Flacco detto Flaccianus. Nel 815 papa Stefano IV concede il possesso ai monaci dell'Abbazia di Farfa. Il complesso urbanistico, interessante da vedere, è dominato dal castello, di proprietà degli Orsini sino al 1544, passato più di mano. Attualmente appartiene ai Principi del Drago.
Da vedere: Palazzo del Drago; la Chiesa di S. Egidio Abate, fondata dai Benedettini alla fine del X secolo.

 

PONZANO

L'origine del nome del paese è incerta: secondo alcuni deriverebbe da pons Jani, ponte di Giano, per altri da gens Pontia, aristocratica famiglia romana proprietaria dei terreni della zona. La sua origine è collegata al porto fluviale che un tempo collegava Roma e la campagna circostante. Tra l'VIII e il IX secolo d.C. i Benedettini entrarono in possesso del fundus di Ponziano.

Da vedere: Abbazia S. Andrea in Flumine (VIII sec.); S. Nicola da Bari; S. Maria di Nives.

 

 

-          LUCUS FERONIAE

 

Luogo di culto dedicato alla dea Feronia. Il lucus (bosco sacro) di Feronia era una vera e propria città, centro fiorente famoso per le sue ricchezze in cui confluivano mercanti e fedeli provenienti dall'Etruria, dal Lazio e dalla Sabina. Nonostante il saccheggio di Annibale, nel 211 a.C., la frequentazione continuò fino alla costruzione della Colonia Iulia Felix, periodo in cui la città si ingrandì, per poi essere completamente abbandonata intorno al V secolo d.C. Le tracce di una porta d'ingresso si trovano nel punto d'incontro tra l'antica via Tiberina e la via Capenate, importante nodo stradale dell'epoca. Delle tabernae, forse punti di ristoro, sono presenti lungo il cammino che porta all'entrata della Basilica e della piazza del Foro. I resti del porticato e della gradinata indicano che, nella piazza, si dovevano svolgere cerimonie in onore della dea. Visibili i resti di un muro che, oltre a sostenere l'acquedotto che alimentava la città, divideva il Foro dalla zona sacra. Un grosso podio, originariamente ricoperto in marmo, con le epigrafi alla dea, mostra il luogo dove si svolgevano le cerimonie civili. Da vedere: anche le botteghe, il complesso termale, l'Anfiteatro.

 

-          VILLA dei VOLUSII

 

 La prima edificazione della Villa viene attribuita al pretore Quinto Volusio, nel 50 a.C. Fu poi suo figlio Lucio Volusio Saturnino, importante personaggio politico del tempo, ad ampliarla tra il 10 a.C. ed il 20 d.C. Arrivata fino a noi ben conservata e venuta alla luce durante i lavori per la costruzione dell'Autostrada del Sole (1962), essa mostra i segni di quell'evoluzione economica e sociale che vide il passaggio dalla produzione dell'olio, del vino e dall'allevamento di animali allo sfruttamento intensivo delle colture, soprattutto cereali, che prevedeva l'utilizzo di schiavi: la creazione del latifondo. I resti, infatti, testimoniano due fasi costruttive: nella prima, che prevedeva soltanto il nucleo centrale, la villa era stata pensata come lussuosa abitazione di campagna per accogliere i signori, e vi si possono ammirare vaste sale con mosaici policromi decorati con fiori e uccelli e pavimenti di marmo colorato ed intarsiato. Nella seconda, invece, vasto complesso rurale che doveva ospitare anche i numerosi schiavi che lavoravano la terra, è possibile rintracciare la presenza di una ventina di stanze con il pavimento a nuda roccia.